Immuno-oncologia: “per il 95% dei clinici impatto positivo in fase iniziale”

Roma, 24 settembre 2021 – Dieci anni di immunoterapia hanno cambiato la storia di neoplasie molto difficili da trattare in stadio avanzato o metastatico: dal melanoma, al tumore del polmone fino a quello del rene. E oggi la sfida è portare quest’arma in stadi sempre più precoci. Un obiettivo approfondito nella conferenza stampa virtuale organizzata da Bristol Myers Squibb, che si è svolta recentemente, in occasione del Congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO), con gli interventi di alcuni tra i più importanti esperti a livello mondiale: Eric Van Cutsem (Head of Digestive Oncology, University Hospitals Gasthuisberg/Leuven & KU Leuven, Belgio), Nicolas Girard (Professor and Head of Department, Medical Oncology, Institut Curie, Francia), Marc-Oliver Grimm (Professor of Medicine and Urology Department Head, Jena University Hospital, Germania), Michele Maio (Direttore della Cattedra di Oncologia dell’Università di Siena e del Centro di Immuno-Oncologia, CIO, dell’Azienda ospedaliero-universitaria Senese) e Bettina Ryll (Founder of the Melanoma Patient Network Europe and Chair of the ESMO Patient Advocates Working Group, Svezia). Sono stati illustrati i risultati di un’indagine internazionale rivolta ai clinici. In totale 256 medici di cinque Paesi (Francia, Germania, Italia, Stati Uniti e Giappone) hanno preso parte al sondaggio. La maggior parte dei clinici si aspetta dall’immunoterapia un impatto positivo nel panorama del trattamento dei pazienti, in particolare il 95% per il tumore in stadio iniziale nel setting adiuvante (dopo la chirurgia), l’89% nel neo-adiuvante (prima della chirurgia) e il 79% nel peri-operatorio (sia prima che dopo la chirurgia). I partecipanti vedono il potenziale più alto dell’immunoterapia per esiti positivi nel melanoma (il 92% riporta un potenziale impatto positivo nel setting adiuvante), nel tumore del polmone (89% nel setting neo-adiuvante) e in quello della vescica o uroteliale (84% nel setting adiuvante). I più importanti benefici potenziali dell’immunoterapia sono una sopravvivenza globale più lunga (64%), un’aumentata sopravvivenza libera da malattia, da eventi o da recidiva (57%) e il mantenimento della qualità di vita (54%). Gli intervistati hanno indicato la necessità di dati di sopravvivenza a lungo termine e di sopravvivenza globale come ostacoli maggiori da superare per l’utilizzo dell’immunoterapia negli stadi più iniziali del tumore (rispettivamente 53% e 50%), sottolineando l’importanza della ricerca attuale e delle analisi di follow-up. Tra gli intervistati vi erano oncologi medici, chirurghi (chirurgia generale, toracica, mammella, apparato respiratorio e gastrointestinale) e specialisti (in urologia, dermatologia, pneumologia, gastroenterologia e otorinolaringoiatria) che hanno in cura pazienti con 8 diversi tipi di cancro in stadio I-III (vescica/uroteliale, mammella, gastroesofageo, testa e collo, rene, fegato, polmone e melanoma).
Il rischio di recidiva dopo l’intervento chirurgico, hanno ricordato gli esperti, può essere molto elevato e arriva fino all’85% nel melanoma (stadio IIIB e IIIC), al 70% per il tumore epatocellulare, al 55% per quello del polmone, al 50% per la vescica e raggiuge il 38% nell’esofago. Proprio relativamente a quest’ultima neoplasia, al Congresso ESMO sono stati presentati i dati dello studio CheckMate -577 che evidenziano l’efficacia di nivolumab somministrato come terapia adiuvante nei pazienti che presentavano un residuo di malattia nel pezzo chirurgico dopo chemio-radioterapia pre-operatoria, con una riduzione del 33% del rischio di recidiva e un’ottima tollerabilità. La sopravvivenza mediana libera da malattia ha raggiunto quasi 2 anni (22,4 mesi).
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