Tumore del seno: in 6 anni -7% di morti, ma ancora ritardi nei test genomici
Perugia, 8 luglio 2022 – In Italia, in sei anni (2015-2021), la mortalità per il tumore della mammella è diminuita di quasi il 7% (6,8%). Un risultato significativo per la neoplasia più frequente nella popolazione (circa 55mila nuove diagnosi nel 2020), ma ulteriormente migliorabile in termini di qualità di vita delle pazienti. Il nostro Paese, infatti, è ancora in ritardo nell’utilizzo dei test genomici che permettono di limitare il ricorso alla chemioterapia dopo l’intervento chirurgico nelle donne con tumore del seno in stadio precoce. Queste analisi molecolari sono raccomandate dalle più importanti linee guida e società scientifiche internazionali e risale a luglio 2021 la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto attuativo ministeriale, che ha sbloccato i 20 milioni di euro del Fondo dedicato all’applicazione gratuita di queste analisi molecolari in maniera uniforme su tutto il territorio. I giovani oncologi dell’AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) promuovono la prima campagna social di sensibilizzazione rivolta ai clinici under 40, proprio per migliorare le loro conoscenze sul ruolo decisivo dei test genomici, presentata oggi in conferenza stampa a San Martino in Campo (Perugia), dove è in corso il Congresso Nazionale AIOM Giovani su “Multidisciplinarietà e nuove sfide”. La campagna è realizzata con il supporto non condizionato di Exact Sciences.
“Le Regioni hanno emanato apposite delibere per rendere operativo il Decreto attuativo ministeriale, ma non tutte stanno utilizzando le risorse disponibili, in attesa della conclusione dei bandi di gara – afferma Saverio Cinieri, Presidente Nazionale AIOM -. La conseguenza è che, nel nostro Paese, i test genomici, a un anno dalla firma del Decreto attuativo, non sono ancora utilizzati in modo uniforme sul territorio. Da un lato, la lunghezza degli iter burocratici a livello regionale impedisce ancora ad alcuni centri di senologia di prescrivere gratuitamente i test. Da qui la situazione a macchia di leopardo nel loro utilizzo. Dall’altro lato, va migliorato il livello di conoscenza e di preparazione degli oncologi su questi strumenti molto importanti, che permettono di applicare il concetto di medicina di precisione, supportando i clinici nella personalizzazione delle terapie”. “L’obiettivo del trattamento adiuvante, cioè successivo alla chirurgia, è offrire a ogni paziente con carcinoma mammario in fase precoce le migliori possibilità di cura, limitando il rischio di ricaduta – sottolinea Massimo Di Maio, Segretario Nazionale AIOM -. La maggioranza dei casi di tumore della mammella è di tipo luminale, cioè esprime i recettori estrogenici ma non la proteina HER2. Dopo la chirurgia, il trattamento sistemico prevede l’utilizzo della terapia ormonale nei casi considerati a basso rischio oppure l’aggiunta della chemioterapia adiuvante alla terapia ormonale, in presenza di un rischio elevato. Nella malattia luminale a rischio ‘intermedio’, sussiste però una significativa incertezza terapeutica, da qui l’importanza dei test di profilazione genomica, che permettono di identificare con maggiore precisione le pazienti che possono beneficiare della chemioterapia dopo l’intervento”.
In Italia le donne che vivono dopo la diagnosi di carcinoma della mammella sono aumentate del 43% in dieci anni (da 581.373 nel 2010 a 834.154 nel 2020). La sopravvivenza a 5 anni raggiunge l’88%. “Ancora troppe pazienti con diagnosi in stadio iniziale però ricevono la chemioterapia senza averne reale necessità – spiega Lorena Incorvaia, Coordinatrice del Working Group AIOM Giovani -. In questo progetto utilizzeremo i profili social di AIOM Giovani per ‘fare cultura’ sui test genomici, che da oltre 10 anni rientrano nella pratica clinica quotidiana di altri Paesi europei, come Germania, Regno Unito, Spagna e Grecia. Dobbiamo recuperare il tempo perduto e la nostra società scientifica, con questo progetto, si vuole impegnare in prima linea nella formazione degli specialisti under 40. Sui profili social di AIOM Giovani organizzeremo dirette, promuoveremo sondaggi on line e diffonderemo video educazionali. Le più importanti linee guida delle società scientifiche raccomandano queste analisi molecolari, che vanno utilizzate in casi specifici, perché siano realmente efficaci. Si stima che possano essere prescritte ad una paziente su cinque. Sono oltre 10mila le donne che nel nostro Paese ogni anno possono trarre numerosi benefici da esami relativamente poco costosi e facili da svolgere”.
“L’esame con il più alto livello di validazione scientifica è il test genomico a 21 geni Oncotype DX – sottolinea il prof. Cinieri -. Il ‘National Comprehensive Cancer Network’, un’alleanza di 21 centri di riferimento a livello mondiale nella cura del cancro, ha aggiornato le linee guida sul tumore del seno, riconoscendo Oncotype DX come il solo test predittivo in grado di definire il beneficio della chemioterapia nel carcinoma mammario in stadio iniziale con linfonodi positivi, anche con micrometastasi. Questo test è il solo classificato come ‘preferito’ con alti livelli di evidenza sia per le pazienti con linfonodi negativi che nelle donne in post menopausa con linfonodi positivi. Nella stessa direzione va il recente aggiornamento delle Linee Guida della Società Americana di Oncologia Clinica”. Le ultime raccomandazioni dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) infatti prevedono che il test Oncotype DX, già indicato per le pazienti con linfonodi negativi, sia utilizzato anche in quelle in post menopausa con massimo 3 linfonodi positivi. Oncotype DX risulta così quello più fortemente raccomandato, tra tutti i test multigenici inclusi nelle Linee Guida ASCO, per il maggior livello qualitativo delle evidenze.
“Gli studi clinici su Oncotype DX hanno fatto chiarezza in modo definitivo su chi trae beneficio dalla chemioterapia tra le pazienti con tumore del seno in fase iniziale, con o senza interessamento linfonodale – conclude il prof. Cinieri -. La corretta identificazione di queste donne rimane un obiettivo molto importante dal punto di vista clinico, sociale ed economico. Vanno infatti considerati sia i costi diretti della chemioterapia che quelli indiretti, legati alla mancata produttività causata da trattamenti debilitanti. Non somministrare chemioterapie inutili, oltre a ridurre le ansie delle pazienti e le disparità di trattamento, consente di eliminare sofferenze e disagi per migliaia di donne”.